Per dipendenza si intende una alterazione del comportamento che da semplice o comune abitudine diventa una ricerca esagerata e patologica del piacere attraverso mezzi o sostanze o comportamenti che sfociano nella condizione patologica. L’individuo dipendente tende a perdere la capacità di un controllo sull’abitudine.
La dipendenza clinica da più sostanze o comportamenti in contemporanea o in sostituzione di uno di essi, in un preciso schema ricorrente e a lungo tempo, prende il nome di polidipendenza
Dal punto di vista degli effetti è utile suddividere la dipendenza in dipendenza fisica (alterato stato biologico) e dipendenza psichica (alterato stato psichico e comportamentale).
La dipendenza fisica, prodotta essenzialmente dai condizionamenti neurobiologici, è superabile con relativa facilità; la dipendenza psichica, difficile punto nodale della tossicodipendenza, richiede interventi terapeutici lenti, complessi e ad ampio raggio, coinvolgendo spesso i familiari che stanno attorno alla persona dipendente.
Le forme più gravi comportano dipendenza fisica e psichica con compulsività, cioè, ad esempio, con bisogno di assunzione ripetuta della droga da cui si dipende per risperimentarne l’effetto psichico ed evitare la sindrome di astinenza.
La compulsività si associa al bisogno di assumere la droga (e in genere la sostanza o il comportamento stimolante la dopamina) in dosi sempre maggiori, perché si crea assuefazione, con un innalzamento della soglia di tolleranza e nello stesso tempo desensibilizzazione: per avere lo stesso piacere nei recettori servono quantità maggiori di dopamina (che vengono tollerate, ma allo stesso tempo si è meno sensibili), e in secondo luogo a parità di dopamina prodotta nel cervello servono quantità sempre maggiori dello stimolante.
Dal punto di vista delle cause si può dipendere patologicamente da cibo (bulimia, dipendenza da zuccheri, disturbo da alimentazione incontrollata), da sostanze stupefacenti (tossicodipendenza), in cui rientrano l’alcolismo, il caffeinismo e il tabagismo, da sesso (dipendenza sessuale, masturbazione compulsiva), da lavoro (work-a-holic), da comportamenti come il gioco (gioco d’azzardo patologico), lo shopping (shopping compulsivo), la televisione, internet (internet dipendenza), i videogame.
La dipendenza si presenta non solo con un eccesso dei neurotrasmettitori (dopamina), ma anche di un loro deficit. Ad esempio, la coazione a ripetere e la mania di ordine e pulizia si manifestano come una dipendenza, e sono sintomi di una carenza di serotonina.
Non sempre si è dipendenti da droghe, alcol, farmaci o sostanze stupefacenti, ma si può essere dipendenti anche da oggetti di uso comune come computer etc, o attività quotidiane, questo tipo di dipendenza viene chiamata “dipendenza psicologica”, questo tipo di dipendenza provoca effetti come: sbalzi di umore, perdita temporale, mal di testa etc, una dipendenza abbastanza frequente è quella del gioco d’azzardo.
Capire la condizione di desiderio insoddisfatto, dove l’attenzione continua a pendere dal pensiero desiderante al senso di deprivazione, è un primo passo fondamentale della psicoterapia che viene svolta dal paziente.
Il pensiero desiderante è uno stile di elaborazione delle informazioni riguardanti oggetti e attività piacevoli che avviene a due livelli interagenti:
- Verbal Perseveration: pensieri ripetitivi e automotivanti circa il bisogno di ottenere l’oggetto o di svolgere l’attività (es: devo farlo al più presto, ho bisogno di un bicchiere, devo provare a usare quella macchinetta)
- Imaginal Prefiguration: immagini mentali multisensoriali dell’oggetto o attività desiderata e del contesto in cui l’individuo lo può realizzare o lo ha realizzato in passato (es: immagino il sapore del fumo nella bocca, mi immagino tutto ciò che ho dentro al frigorifero).
I primi sintomi facilmente riconoscibili sono: LE BUGIE, TRA DISORGANIZZAZIONE DEGLI STATI DI COSCIENZA, BASSA AUTOSTIMA E SFIDUCIA NELL’ALTRO.
Le strategie terapeutiche varieranno da caso a caso. Innanzitutto l’avvio di un percorso terapeutico è bene preveda una valutazione della pervasività del disturbo nella vita del paziente. Ciò tuttavia è abbastanza difficile poiché spesso il paziente da un lato non ha sviluppato ancora quel minimo di integrazione della propria esperienza che gli permetta di spiegarsi, riconoscere e quindi poter raccontare a qualcun altro i propri comportamenti disfunzionali, dall’altro all’inizio del percorso – ma non solo – non ha sviluppato ancora quel minimo di fiducia nella relazione per affidarsi e parlare della propria effettiva situazione riguardo alla sostanza.
La terapia cognitiva comportamentale può essere affiancata in questi casi anche da terapia Mindfulness.